Flavio D’Ambrosi, Presidente della Federazione Pugilistica Italiana, esamina i risultati del quadriennio appena concluso e delinea gli obiettivi futuri in modo diretto e chiaro, durante un’intervista con Niccolò Pavesi, la voce del pugilato su DAZN.
Quando gli si chiede dello stato di salute della boxe italiana, D’Ambrosi risponde:
“Il pugilato italiano è a un bivio. Molte cose sono state fatte, ma tante altre devono ancora essere compiute. Mai come in questo momento è
fondamentale imboccare la strada giusta”.
Se invece dovessimo scattare una fotografia del quadriennio passato, che immagine sarebbe?
“Sarebbero due, perché possiamo dividerlo in due fasi, di durata molto diversa.
Fino al torneo di qualificazione olimpica di Busto Arsizio – cioè per oltre tre anni – abbiamo raggiunto risultati straordinari: segnalo i 145 podi della nazionale azzurra e le 8 qualificazioni alle Olimpiadi, ma anche il record di tesseramenti (75.000) e le 1.100 società affiliate alla FPI. Le televisioni sono tornate a mostrare interesse verso il nostro sport, il pubblico ha affollato di nuovo le piazze e i diversamente abili adesso possono competere a livello agonistico”.
Però le Olimpiadi sono state un disastro… Ma D’Ambrosi non si nasconde:
“E quella, purtroppo, è la seconda fase del quadriennio passato. E’ stata una grande delusione: sicuramente ci sono stati dei verdetti penalizzanti (Abbes Mouhiidine e Irma Testa, ndr), ma non è stato solo quello il problema. E’ stata una debacle su cui abbiamo il dovere di riflettere. Dobbiamo crescere ancora a livello di nazionale e migliorare la ricerca del talento. Bisogna fare di più”.
Molti maestri di boxe mettono in dubbio le modalità con cui i ragazzi vengono convocati, oppure esclusi, dalla nazionale: manca trasparenza?
“Questo è un tema che fa parte di un problema più grande, e cioè la politica Assisi-centrica che ha dominato negli ultimi trent’anni.
Assisi è, ad oggi, l’unico centro nazionale e questo è sbagliato per tanti motivi. Prima di tutto si crea uno stacco tra la nazionale e i maestri di provenienza dei ragazzi: non essendoci comunicazione spesso le scelte dei tecnici azzurri –comprese quelle sulle convocazioni – non vengono capite.
E poi per i pugili che vivono in zone lontane da Assisi diventa molto difficile allenarsi per periodi lunghi con la nazionale: non dimentichiamoci che i ragazzi studiano, hanno una famiglia, hanno la loro vita. E’ impensabile che stiano tanto tempo ad Assisi”.
E quindi, la soluzione qual è? D’Ambrosi è sicuro:
“Il decentramento: ci vogliono più centri della nazionale, in diverse zone dell’Italia. Nord, centro e sud. In questo modo migliorerebbe il rapporto tra tecnici della nazionale e maestri di provenienza e si faciliterebbe la permanenza dei ragazzi con la nazionale, anche per periodi lunghi.
Vedo il ruolo dei tecnici azzurri più come quello dei selezionatori che come quello dei maestri: il maestro è quello che ha cresciuto il ragazzo”.
Un altro tema controverso è quello di giudici e arbitri: anche in Italia capita di vedere decisioni incomprensibili. D’Ambrosi concorda:
“Ed è una questione da risolvere, perché effettivamente a volte i verdetti non corrispondono all’andamento degli incontri. Escludo la malafede, ma sono consapevole che bisogna concentrarsi sia sull’aspetto quantitativo che su quello qualitativo della categoria arbitrale.
Da ex arbitro conosco molto bene le criticità del settore. Prima di tutto giudici e arbitri sono pochi. Bisogna lavorare per portare più giovani verso questa carriera, incentivare lo sviluppo di una nuova classe arbitrale. E poi, dal punto di vista qualitativo, occorre aumentare corsi di formazione e aggiornamento.
E’ quella la soluzione per creare figure competenti, di livello internazionale”.
Per concludere, a proposito di questioni internazionali, la boxe rischia seriamente di essere esclusa dalle Olimpiadi.
“E’ indispensabile lavorare insieme alla World Boxing per scongiurarlo. Quella è l’unica strada da percorrere e lo faremo con determinazione”.
Si ringrazia TAF e Niccolò Pavesi per l’intervista.
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