L’ex campione di boxe e attuale commentatore TV ha affrontato vari argomenti: dai match più avvincenti ed emozionanti del 2024 al futuro della boxe in Arabia, fino alla crisi del pugilato italiano.
Alessandro Duran , ex campione italiano, europeo e mondiale dei pesi welter, oggi autorevole commentatore TV di boxe, ha rilasciato un’intervista a Ultimo Round, ripercorrendo i momenti più significativi della boxe mondiale nel 2024.
Duran ha discusso vari temi attuali e futuri del mondo della noble art.
Ecco l’intervista completa.
Iniziamo parlando dell’ultimo incontro, quello tra Oleksandr Usyk e Tyson Fury. Lei, come molti esperti e appassionati di boxe, riteneva Fury il favorito per questo match.
Alla luce del risultato ottenuto sabato sera a Riyadh, cosa non ha funzionato per Fury? Cosa l’ha delusa o non è bastato nella sua prestazione, impedendogli di prevalere su Oleksandr Usyk?
Il match tra Fury ed Usyk è stato molto tattico.
E’ vero io vedevo Fury favorito, purtroppo, però, per il pugile inglese le cose sono andate diversamente.
Fury, secondo il mio parere, è mancato in aggressività, in fase offensiva.
Ad un certo punto doveva prendere con più convinzione il match in mano, spingere di più per convincere la giuria.
Questa rivincita ha seguito la falsariga del primo combattimento; la prima metà favorevole al pugile britannico e la seconda parte ad Usyk, che grazie alla sua velocità e alla sua grande capacità di adattarsi tatticamente all’avversario, è riuscito a incanalare il match sul binario preferito e lo ha vinto meritatamente.
Per me il campione ucraino l’ha vinto di strettissima misura, io sul mio cartellino personale avevo un punto in più per Usyk; però sono ancora convinto che Fury avesse tutte le possibilità di riconquistare il titolo, ma ha pagato il fatto di non attaccare con convinzione nelle ultime riprese.
Il 2024 si è concluso con una serie di match entusiasmanti, grazie anche all’impegno di Turki Alalshikh e all’organizzazione saudita della Riyadh Season.
Quali vantaggi ha portato e continuerà a portare in futuro il trasferimento del fulcro della boxe in Arabia, e quali eventuali svantaggi, possono presentarsi all’orizzonte?
Trasferire il Pugilato in Arabia Saudita a Riyadh, è una lama a doppio taglio.
Adesso c’è il grosso vantaggio che finché lo sceicco si diverte a vedere gli incontri, allora andrà tutto bene, perché lì c’è tanta disponibilità finanziaria.
Tuttavia, non penso che in Arabia Saudita si possa riscontrare lo stesso entusiasmo per la boxe che si vede in altri Paesi del mondo, dove questo sport ha una lunga tradizione, come negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Messico, in Europa o in Australia.
Quindi bisogna prestare molta attenzione a questo, perché finché lo sceicco tirerà fuori i soldi andrà tutto bene, ma il giorno in cui si stancherà, la boxe si troverà in difficoltà.
In tal caso succederebbe quello che è già accaduto qui in Italia, dove finché le televisioni investivano in questo sport è andato tutto bene, ma nel momento in cui hanno chiuso i rubinetti, ci siamo trovati con il sedere per terra, perché non c’è più stato il pubblico dei tempi d’oro.
Per questo, credo che si debba stare molto attenti a quello che si fa.
Nel 2024 ci sono stati numerosi match di grande rilievo, come Usyk vs Fury 1, Usyk vs Fury 2, Joshua vs Dubois e Bivol vs Beterbiev, solo per citarne alcuni.
Quale di questi l’ha emozionata di più e per quale motivo?
Sicuramente il match dell’anno, secondo il mio parere, è stato quello tra Beterbiev e Bivol. Due grandi campioni dalle caratteristiche opposte.
Beterbiev è fortissimo fisicamente, un attaccante nato, uno che sa fare molto bene il pugilato offensivo, che ha due ferri al posto delle mani, che è anche un grande incassatore.
Dall’altra parte, c’era un pugile intelligentissimo come Bivol.
È stato un incontro stupendo dal punto di vista tecnico, tattico e agonistico.
Secondo il mio parere parliamo di un match che era finito sul filo dell’equilibrio. Io avevo un leggerissimo vantaggio per Bivol, quindi credo che sarà giustissimo fare la rivincita nel 2025.
Sarà un grandissimo rematch; una resa dei conti che stabilirà chi tra i due è più forte.
Io penso che Bivol abbia una grande intelligenza pugilistica e che possa portare a casa la rivincita.
In vista del 2025 qual è l’incontro che vorrebbe vedere assolutamente e perché?
Le cito 3 duelli: Beterbiev vs Bivol 2 e i potenziali match di Usyk vs Dubois 2 e Canelo Alvarez vs Terence Crawford.
Penso che il match che tutti vorranno vedere nel 2025 sarà la rivincita fra Beterbiev e Bivol.
Poi c’è un incontro molto affascinante, che incuriosisce molto, perché c’è una grande differenza fisica e di peso: parlo di Canelo Alvarez contro Terence Crawford.
Io credo che Crawford sia il miglior pugile sulla scena mondiale in questo momento.
E’ incredibile che in America non susciti emozioni, è un pugile fortissimo, di grandissima tecnica e classe.
Tecnicamente penso che sia superiore a Canelo Alvarez, soltanto che c’è questa grossa incognita della differenza fisica che potrebbe favorire il campione messicano.
Comunque, come ha dimostrato Floyd Mayweather anni fa, che diede una lezione di pugilato a Canelo, è un match non impossibile per Crawford.
Vedremo se si concretizzerà; penso che se lo sceicco lo vorrà realmente, il match si farà.
Concludiamo con la boxe italiana: perché non riusciamo a generare nemmeno metà dell’entusiasmo e della passione che si riscontrano in Inghilterra, negli Stati Uniti o in Arabia Saudita per la noble art?
È solo una questione del valore dei nostri pugili, di denaro, o c’è dell’altro?
È una domanda interessante, a cui servirebbe molto tempo per analizzare tutti i motivi di questa crisi.
Il declino della boxe italiana ha avuto inizio più di venti anni fa, quando la federazione dell’epoca prese una decisione che, a mio avviso, si rivelò un grosso errore: quella di concentrarsi esclusivamente sul dilettantismo di Stato.
Questa decisione ha portato a dei risultati, come le medaglie olimpiche ottenute a Pechino e Londra, che hanno permesso di ricevere contributi dal Coni.
Tuttavia, il prezzo da pagare è stato alto, perché si è praticamente smantellato il settore professionistico.
In realtà, la nostra tradizione ha sempre dimostrato che dilettantismo e professionismo sono due percorsi paralleli, ma che si incrociavano e si integravano ad un certo punto.
Alcuni dilettanti, anche campioni olimpici, come Nino Benvenuti, Patrizio Oliva, Maurizio Stecca, Giovanni Parisi, sono passati poi professionisti.
All’epoca questi ragazzi avevano tra i 20 e i 22 anni e iniziarono fin da subito a dare entusiasmo a tutto il pugilato nazionale.
Invece dall’inizio degli anni 2000 si è fatta una scelta differente, si è passati sul dilettantismo di Stato.
In questo contesto, atleti come Cammarelle, Russo, Picardi, Mangiacapre e Valentino non sono passati al professionismo, mentre altri lo hanno fatto troppo tardi. A mio parere, questo ha finito per ostacolare la crescita dei giovani pugili che avrebbero dovuto emergere. Questi ultimi non hanno avuto il tempo di svilupparsi, perché per circa vent’anni il posto è stato occupato da loro.
Adesso c’è il grosso problema che mancano i pugili di valore, ma questo dipende dalla mancanza di grandi maestri.
Oggi chiunque può ottenere una tessera: basta fare un corso a pagamento per ricevere il tesserino che consente di stare nell’angolo di un pugile e insegnare il pugilato. Per me questa è una cosa assurda, e di conseguenza non emergono più i grandi pugili.
C’è poi un problema importante legato al pubblico, che ormai non è più appassionato di pugilato né esperto in materia. Un tempo, quando il pugilato in Italia veniva trasmesso in chiaro in televisione e riportato dai principali giornali, attirava un vasto pubblico che, di conseguenza, era molto competente sul tema.
Oggi, invece, il pubblico è diventato quello dei social e del web, dove chiunque può esprimere un’opinione, spesso senza nemmeno conoscere le dinamiche del pugilato.
Tutto ciò crea un problema e lo stiamo vedendo proprio in questo periodo dove la boxe va soltanto nelle televisioni a pagamento, addirittura in pay-per-view e ha scarsissimo audience, quindi questo è un problema enorme.
Penso che il pugilato italiano per riemergere debba ricostruire tanto; bisognerebbe buttare giù tutto quello che è stato sbagliato, prendere le cose buone del passato e stare al passo con i tempi.
La boxe in Italia avrebbe bisogno, assolutamente, di una televisione in chiaro per far conoscere i nostri pugili.
Infine, un altro problema è che se un giovane intraprende la carriera in uno sport così duro e difficile, ma non intravede possibilità concrete per il futuro, alla fine decide di abbandonare.
Se invece ci fosse la possibilità, come accadeva fino a vent’anni fa, che chi ha talento possa diventare un pugile professionista a tempo pieno e, vincendo titoli importanti, guadagnare abbastanza per vivere e costruirsi un futuro, la situazione potrebbe cambiare.
Si ringrazia Alessandro Duran per la disponibilità offerta.
Le immagini presenti in questo articolo provengono dal profilo ufficiale Instagram di Alessandro Duran.
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